Ma quanti componenti esistono e quanti sono dannosi? Andiamo a scoprire di cosa si tratta stavolta. Andiamo a conoscere il metabisolfito di potassio.
Che cos’è il metabisolfito di potassio?
Il Metabisolfito di potassio si presenta sotto forma di polvere cristallina di colore bianco-panna e di odore caratteristico di anidride solforosa, a volte anche pungente. Il Metabisolfito di potassio è un additivo indispensabile nel settore enologico svolgendo varie funzioni:
- capacità di coagulare durante la fase di chiarifica;
- capacità di solubilizzare i polifenoli;
- capacità antisettica nei confronti della microflora
indesiderata; - funzione acidificante;
- capacità antiossidasica e antiossidante.
La sua composizione è così divisa: Metabisolfito di Potassio E 224: TIT. 99,99 % (min. 99,0%) e la modalità di utilizzo è la seguente : sciogliere il metabisolfito di potassio in acqua fredda e aggiungere nella massa da stabilizzare in agitazione.
Un grammo di Metabisolfito di Potassio sviluppa circa 0,56 g SO2. Si precisa che non è opportuno impiegare le dosi massime consigliate, poiché queste non sono sinonimo di massima efficacia. Infatti, ci sono altri fattori dai quali dipende la conservabilità del prodotto trattato, come la tecnologia utilizzata e i momenti in cui vengono fatte le aggiunte. Il metabisolfito di potassio è un comune additivo del vino o del mosto, nei quali forma il gas biossido di zolfo (SO2). Serve a prevenire la crescita dei microrganismi e agisce come potente antiossidante, proteggendo il colore e i delicati profumi del vino. Esso viene anche utilizzato per raffinare l’oro aggiunto all’Acido cloroaurico si ottiene un precipitato di oro 24K in polvere di colore marrone. In laboratorio il metabisolfito di potassio è anche una fonte di diossido di zolfo, ad esempio facendolo reagire con acido cloridrico libera questo gas incolore tossico e soffocante. Quindi la domanda è la seguente si tratta di un componente negativo, o molesto? Andiamo a scoprirlo.
Metabisolfiti: danni e controindicazioni
Nello specifico, quali possono essere le reazioni del nostro corpo se si eccede con l’assunzione di queste sostanze? Nonostante i solfiti rientrino nella categoria degli allergeni alimentari più diffusi, la maggior parte delle persone vi reagisce con un’intolleranza. Sono rari i casi di allergia cutanea che coinvolgono il sistema immunitario, e le reazioni gravi sono abbastanza infrequenti. Inoltre è bene ricordare che, fortunatamente, l’industria alimentare generalmente utilizza delle dosi di solfiti basse; ad esempio l’anidride solforosa che si lega agli alimenti può essere paragonata ad un composto naturale. Anche il nostro corpo produce qualcosa di simile mentre metabolizza alcuni amminoacidi, e lo rende inoffensivo grazie ai sistemi di detossificazione endogeni. Ciò non toglie che molti soggetti siano sensibili agli effetti di queste sostanze. È per questa ragione che da qualche anno i produttori alimentari sono obbligati per legge ad indicare in etichetta la loro presenza. Esiste anche una soglia di concentrazione che è vietato oltrepassare: 10 mg/L oppure 10 mg/kg. Questo limite si ottiene con la somma dei solfiti naturalmente presenti nell’alimento e di quelli aggiunti per aiutare la sua conservazione. Gli effetti collaterali possono creare disturbi non trascurabili ai soggetti che ne sono sensibili. Queste sostanze sono infatti battericide e quindi altamente irritanti. Fra i gruppi di persone più a rischio rientrano gli asmatici. Quando delle sostanze di questo tipo entrano in contatto con l’acidità gastrica generano anidride solforosa; quest’ultima è uno dei gas che provoca, agli asmatici, attacchi di broncospasmo. A rischio sono anche le persone che soffrono di allergia all’aspirina. Le persone colpite oscillano fra lo 0,05 e l’1% della popolazione; nel caso degli individui asmatici si raggiunge un rischio del 5%.